Le api sono insetti appartenenti all’ordine degli imenotteri, alla famiglia degli apidi, genere apis, che conta diverse specie; tra le più comuni troviamo: la comune, l’italiana, la sicula e la carnica.
Le api partecipano alla nostra vita di tutti i giorni, anche se spesso non si sa quasi nulla del loro operare: basti pensare all’impollinazione delle piante da frutto. L’alveare rappresenta per l’uomo una miniera inesauribile di sostanze utili: miele, polline, cera, propoli, pappa reale, veleno. Per le loro proprietà queste sostanze permettono trattamenti efficaci su numerose patologie, spesso in associazione con medicinali specifici ed indispensabili. Anche il veleno, se sfruttato con la dovuta precauzione, da fattore di rischio può trasformarsi in un’importante risorsa terapeutica.
L’apiterapia è quindi “Il trattamento delle malattie con prodotti raccolti, trasformati e secreti dalle api”. Nella tradizione popolare c’è sempre stata l’abitudine di usare la puntura d’ape come revulsivo nelle affezioni reumatiche, al pari di altri metodi ugualmente efficaci: le ortiche, la senape, il capsico, ecc.
Gli effetti antidolorifici e antireumatici sono noti fin dai tempi degli Egizi, Greci e Romani. Già Ippocrate, il Padre della Medicina, menzionava nei suoi lavori il potere curativo delle api. Da oltre 100 anni in Francia, Austria, Cecoslovacchia, Russia e altri paesi dell’Europa scuole mediche e strutture ospedaliere utilizzano le api per il trattamento dell’artrite ed altre malattie.
In Nord America esiste un’associazione di apiterapia molto attiva con oltre 2000 iscritti e centinaia di medici. In Italia è più recente l’interesse per quest’aspetto terapeutico; il nostro Istituto è uno dei pochi punti di riferimento conosciuti per questa straordinaria azione terapeutica.
La puntura d’ape
Quando l’ape punge, utilizza un pungiglione costituito da una microscopica cannula affilatissima, collegata alla sacca velenifera e munita di estroflessioni uncinate. Il pungiglione penetrato nella pelle non fuoriesce più e l’ape perde, nel tentativo di staccarsi, anche una parte del suo intestino. La muscolatura della catena addominale attua una serie di contrazioni che permette al pungiglione di penetrare più a fondo e di rilasciare il veleno nella zona intradermica. L’ape si sacrifica, ma l’alveare riproduce regolarmente quelle mancanti.
Il veleno d’api
E’ un liquido trasparente di sapore amaro e odore mielato. Il veleno è secreto da due ghiandole, una acida e una alcalina, situate nell’addome dell’ape. La quantità di veleno introdotta è mediamente di 1/10.000 grammi (0,1 mg).
Può variare secondo la stagione, con un massimo in primavera e minimo in autunno-inverno. Il veleno cristallizza se disidratato, è solubile in acqua e alcool, presenta una tossicità locale con dolore, gonfiore, edema e una tossicità generale con crampi, convulsioni, emolisi.
La composizione è a tutt’oggi non ancora completamente conosciuta. Si sa che contiene 70% d’acqua e 30% sostanza secca con mellitina (50% del peso secco), fosfolipasi A (12% del peso secco), ialuronidasi (3%), apamina peptide (2%) e numerose altre sostanze (isolecitina, acido formico, acido cloridrico, acido ortofosforico, istamina, colina, fosfato di magnesio).
Meccanismo d’azione dell’apiterapia
I lavori del Prof. Artemov, dell’Università di Gorki, URSS, evidenziano che il veleno dell’ape stimola le capsule surrenali inducendo un aumento del tasso di cortisolo nel plasma sanguigno che perdura per oltre una settimana. Il meccanismo d’azione più documentato è conosciuto, mediato dalla stimolazione della ghiandola ipofisi con stimolo dell’ormone ACTH. Tale azione rappresenta una dei numerosi effetti sul sistema immunitario. Sono documentati anche effetti antivirali (per probabile aumento di interferone) e di regolazione del sistema circolatorio (azione vasodilatatrice e ipotensiva) e nervoso (azione gangliolitica, con blocco degli impulsi tra le cellule del sistema neurovegetativo). In particolare nel 1973 VGK, Shipman e Brooks del Biomedical Laboratory Edgwood Arsenal e del Naval Undersea Center, San Diego, California hanno isolato una nuova frazione del veleno d’ape, chiamata cardiopep con effetti antiaritmici e beta-adrenergici.
Riassumiamo gli effetti dei suoi più noti componenti:
COMPONENTI | EFFETTI FARMACOLOGICI |
FOSFOLIPASI A | Emolitico, radioprotettivo, mastocitolitico, rilascio istaminico, ipotensivo, pr. antigenico |
IALURONIDASI | Anafilattogeno, antigenico, pr. attivatore immunitario e diffusione tissutale |
APAMINA | Neurotossina stimolante S.N.C., antigenico e antiinfiammatorio |
MELLITINA | Antibatterico e fungino, inibitore del S.N.C., istaminopessi, radioprotettivo, mastocitolitico, antiinfiammatorio e aumenta la permeabilità vascolare |
MCD-PEPTIDE | Antiinfiammatorio (100 volte l’idrocortisolo) |
ISTAMINA | Vasodilatatore |
L’effetto locale visibile si manifesta con una infiammazione del derma cutaneo con calore, dolore e gonfiore della durata di più ore in forma più o meno intensa in relazione alla reattività individuale. Questa infiammazione intradermica esercita un benefico effetto analgesico e antidolorifico nei distretti viscerali corrispondenti (azione simil agopuntura) e apporta una considerevole quantità di sangue al distretto interessato favorendo il ricambio tissutale.
Indicazioni
Le patologie che possono trovare giovamento da un trattamento con veleno d’api sono numerose, non solo nel campo reumatologico.
Secondo autori russi e ricerche del Ministero della Sanità russo, sono elencabili in:
- MALATTIE REUMATICHE (poliartrite, artrosi, miopatie…)
- SPONDILOARTROSI DEFORMANTE
- AFFEZIONI DEL SISTEMA NERVOSO PERIFERICO (radicoliti, nevralgie sciatiche, femorali e facciali, nevralgie intercostali, polinevriti…)
- ULCERE TROFICHE, PIAGHE ATONICHE
- ATEROSCLEROSI DEI VASI PERIFERICI
- ESITI DI TRAUMI OSTEO-ARTICOLARI
- TROMBOFLEBITI SENZA SUPPURAZIONE
- ASMA BRONCHIALE
- SINDROME EMICRANICA
- IPERTENSIONE ARTERIOSA (non grave)
- SINDROME DI MENIERE
- PSORIASI E ECZEMA
- SINDROMI DA RAFFREDDAMENTO (preventivo)
- Può essere indicato inoltre in caso di Artrite reumatoide, Tireotossicosi, Esiti di Polio, Emiplegie, Sclerosi a placche.
CONTROINDICAZIONI
- Diatesi allergica conclamata
- Stati di ipersensibilità, iperreattività
- Stati febbrili
- Tubercolosi, Sifilide, Gonorrea, infezioni purulente
- Terapie farmacologiche incompatibili
- Insufficienza renale e cardiopatie gravi
- Vaccinazioni recenti
- Disordini immunitari (valutare le eventuali riacutizzazioni)
- Gravidanza
E’ consigliato differire la seduta in caso di pasti recenti e mestruazioni abbondanti
Effetti indesiderati
L’effetto della puntura d’ape è utile ad alleviare numerosi problemi di salute nelle modalità succitate. Un individuo in buono stato di salute, non allergico o sensibile, può sopportare normalmente da uno a cinque punture contemporanee nella stessa zona, senza avere particolari reazioni dolorose, salvo un forte bruciore, peraltro temporaneo ed un breve ma fastidioso prurito.
Schematizzando la puntura d’ape può sortire:
1) Reazioni locali (desiderabili, di tipo infiammatorio):
1a) Nel caso della reazione locale immediata che si manifesta già dopo pochi secondi dalla puntura si può avere arrossamento, calore rigonfiamento, prurito, bruciore. La durata della reazione varia da 1-2 ore a 4-5 giorni, con intensità variabile a seconda della reattività individuale.
1b) Tra gli effetti locali tardivi si annovera la stessa reazione sopradescritta, che nel 20% dei pazienti possiamo riscontrare dopo 6-24 ore dalla puntura.
Talvolta si può avere una linfoadenopatia, cioè un aumento di uno o più linfonodi.
2a) Reazioni generali immediate: un individuo allergico sensibile al veleno può reagire violentemente anche ad una sola puntura con una reazione acuta caratterizzata da vomito, diarrea, orticaria, svenimento o collasso. In casi rarissimi si può registrare uno shock anafilattico con reazioni di tipo respiratorio, (edema laringeo, laringospasmo), di tipo cardio-circolatorio (tachicardia, aritmia, ipotensione).
Tali casi sono molto rari (più frequenti e gravi nelle punture da vespe), ma per evitare ogni rischio è indispensabile fare prove preliminari alla presenza di un sanitario.
Tali prove (effettuate con dosi molto limitate di veleno, inferiori a 0,1 mg) possono risultare anche un fattore di protezione dai rischi di punture accidentali.
2b) Effetti generali tardivi: aumento del cortisolo plasmatico e stimolazione del metabolismo e organismo in toto.
Talvolta si può avere in prima e seconda giornata una reazione febbrile (indice di stimolazione immunitaria), con lieve malessere e astenia.
Trattamento delle reazioni
- a) In caso di reazione tollerabile è utile non intervenire per facilitare l’effetto benefico dell’infiammazione provocata dalla puntura.
- b) In caso di reazione locale immediata particolarmente intensa (prurito e gonfiore con tendenza ad estendersi) si consigliano:
- impacchi d’acqua fredda o ghiaccio
- impacchi con decotto freddo di camomilla
- impacco d’argilla (il più efficace);
Possono essere d’aiuto i seguenti unguenti o gel:
- gel di aloe
- mercurialis perennis 10%
- arnica-ortica
- camomilla
- c) Nel caso invece di reazione tardiva particolarmente intensa (evenienza rarissima), si suggerisce di telefonare al Palatini per concordare la terapia adeguata.
- d) Nel caso di difficoltà di respiro con dispnea intensa, laringospasmo, edema della glottide rivolgersi immediatamente al più vicino Pronto Soccorso.
Applicazioni pratiche
Molti sono i metodi usati. I più comuni ed efficaci sono:
1) Applicazioni dirette della puntura d’ape
Si preleva con una pinzetta l’ape, appoggiandola sul distretto cutaneo da trattare. Si estrae, dopo la puntura, il pungiglione (più rapida è l’estrazione, minore è la quantità di veleno). Il primo giorno si effettuerà una sola puntura di prova, per verificare la sensibilità dell’individuo, controllando con attenzione anche una o due ore dopo la puntura (tant’è il tempo che il veleno d’api impiega per ottenere un’apprezzabile reazione da parte dell’organismo). Il controllo verrà effettuato anche nei giorni successivi e nelle successive due prove, valutando il tempo esatto di comparsa del dolore e delle eventuali reazioni cutanee. Dopodichè s’inizierà la terapia vera e propria, diversa secondo la patologia da trattare.
2) Applicazioni per mezzo di iniezioni intradermiche
Questo tipo di applicazione sarebbe certamente la più pratica, ma è difficoltosa da effettuare per mancanza di materia prima sul mercato e per la sua difficile reperibilità, essa deve rispettare una serie di condizioni tra cui la purezza del veleno, la freschezza, la presenza in quantità definita e titolabile delle materie prime (es. la mellitina)
3) Applicazioni topiche cutanee
L’applicazione del veleno d’api per mezzo di una pomata è la forma più raccomandata a tutte le persone allergiche. Non rappresenta un rimedio efficace quanto i precedenti, ma se in alta concentrazione ed unito ai giusti eccipienti, che ne favoriscano la diffusione nella pelle, può sortire degli ottimi risultati.
Infine non va dimenticato che esiste sul mercato un rimedio omeopatico chiamato Apis e disponibile in tutte le diluizioni, ricavato proprio dal veleno d’api (esplica un’azione antiallergica, antiinfettiva, antiflogistica, etc..).
Precauzioni
L’apiterapia è una metodica sicura, solo se praticata dal sanitario che abbia raccolto un’accurata anamnesi (storia clinica del paziente) allo scopo di evidenziare predisposizioni allo sviluppo di reazioni di tipo anafilattico, e sia in grado di prevenire reazioni indesiderate e intervenire immediatamente qualora si verifichino.
A tale scopo viene eseguita e eventualmente ripetuta una rapida puntura di prova sul gluteo, per valutare la reattività individuale, con modalità adeguate al tipo di paziente che inizia la terapia.
Il sanitario inoltre controlla la somministrazione e consiglia di volta in volta la dose e forma più idonea.
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L’apiterapia offre uno strumento curativo estremamente efficace non solo come antidolorifico e antireumatico, ma anche come stimolatore del circolo, delle funzioni organiche e del ricambio tessutale.
Seguendo le precauzioni suddette, l’apiterapia rappresenta inoltre una metodica efficace e sicura.